Confronto Smart-Notizie su avanzamento Industry 4.0 e maturità Digitale. Softech Software and Technology

838

Abbiamo chiesto a Softech Sotware and Technology di rispondere a qualche domanda sul Tema Industry 4.0

Softech Sotware and Technology – Rivenditore PTC – da tre decenni è concentrata sul trasferimento alle aziende di strumenti, tecnologie e metodi digitali a supporto dei processi di  progettazione,  sviluppo e fabbricazione dei prodotti .

Smart-Notizie: In base a quello che si legge sui report ufficiali e alla esperienza diretta sua e di Softech come giudicherebbe ad oggi la maturità digitale del manufacturing in Italia? Ci sono settori più avanti? Il Piano Industria 4.0 ha avuto l’ impulso sperato?

Nicola Diligu – Softech: Si può cominciare con due informazioni indisciplinate, che anticipano da subito una tesi che dovrei dimostrare più analiticamente in seguito. La prima: il Corriere della Sera ha dedicato qualche tempo fa un numero del suo supplemento “Corriere Innovazione” al tema dell’avanzamento del Piano Nazionale Industria 4.0. Per sintetizzare la nostra situazione, la redazione ha ritenuto di poter anticipare già in copertina una frase emblematica “Il Piano riparte. Ma molte PMI sono ancora allo 0.4″ 

La seconda: questa lettura non rosea è confermata più analiticamente anche da ricerche più recenti, con accenti ancor più drammatici. Per esempio, in un convegmo organizzato da UCIMU-Sistemi per produrre lo scorso 28 giugno, il prof. Renato Mannheimer di Eumetra ha presentato i risultati della sua ricerca “Lo stato dell’arte su Impresa 4.0” coinvolgendo un ampio campione di aziende. Risultato: solo un ristretto gruppo di aziende può già testimoniare risultati di eccellenza mentre il 50% del campione è ancora fermo rispetto al programma digitale.

Anche le ragioni che hanno spinto gli imprenditori ad investire non sono in linea con le ragioni ispirative del Ministero. Perchè il 33% ha indicato l’aumento della capacità produttiva, il 22% la sostituzione di macchinari non più funzionanti, il 21% il miglioramento dei prodotti, il 14% l’obsolescenza dei macchinari … mentre solo il 9% la crescita della competitività e l’1% gli incentivi fiscali.

Prima di rispondere sull’andamento dei settori è interessante notare che qualcuno nel MISE ha intanto sentito il dovere di sostituire nel nome del Piano la parola originaria “Industria” con “Impresa”. Ora è noto che che il termine inglese “Industry” (e il tedesco “Industrie”) si traduce con “settore” o anche con “industria” (es. l’industria metalmeccanica, aerospaziale, etc). Era chiaro negli assunti del World Economic Forum che la trasformazione digitale facilita e impone il concetto di azienda-estesa, cioè ecosistema, di azienda network, di azienda-piattaforma. Il digitale distrugge e globalizza il perimetro originario segnato dai muri aziendali. Già lo stesso settore sarebbe in questo senso una restrizione. Ebbene, in un Paese come il nostro malato di sidrome “padronale”, di individualismo e di cultura ex- contadina prigioniera del suo “particulare”, non vi era proprio bisogno di questa correzione decisamente retrograda. Eppure qualcuno lassù ha voluto avallare questo arretramento. È anche questo un segno.

Passando invece alle differenze intersettoriali, emerge non casualmente che le situazioni più favorevoli alla evoluzione I-4.0 si riscontrano in quei settori in cui più intense sono le evoluzioni tecnologiche e conseguentemente sia gli investimenti in R&S e automazione che il superamento dei confini. Ai primi posti autoveicoli e altri mezzi di trasporto, farmaceutica, elettronica e apprecchiature elettriche. In coda il settori legno, stampa, riparazione e manutenzione, abbigliamento, mobili.

Smart-Notizie: Quali sono le debolezze più gravi della manifattura italiana?

Nicola Diligu – Softech: Prima tra tutte il fatto che solo il 18% della popolazione adulta italiana ha una laurea. Di questa frazione solo il 25% ossia il 4,5% della popolazione ha una laurea in discipline scientifiche.
Debolissima è anche la nostra situazione per quanto riguarda la formazione delle competenze operative e nelle quali viene svolto un tuolo importantissimo dagli Istituti Tecnici Superiori (ITS), ancora mosche bianche nel nostro paese. La Germania ha 760.000 iscritti all’anno, la Francia 529.000, la Spagna 400.000 mentre l’Italia appena 9.000! (e non possiamo non interrogarci sulla correlazione di questo fattore con il vuoto spinto di giovani digitali e con l’eccedenza di giovani disoccupati ma anche di giovani imprenditori di bar, pizzerie, ristoranti e micro-commerci fallimentari).

Altra debolezza strutturale: i beni strumentali registrano una vetustà media del macchinario pari a 14 anni che non solo è la più alta di sempre ma è anche la più alta in Europa. Questo fa comprendere perchè molti degli investimenti effettuati utilizzando gli incentivi del Piano Nazionale I-4.0 siano serviti non ad avviare o potenziare la partecipazione delle aziende italiane alla quarta rivoluzione indistriale ma solo a consolidare le posizioni pregresse: miglioramento del prodotto, lato sensu, e crescita competitiva stanno appunto in una distanziata terza e penultima posizione, come visto poc’anzi.

Ma non è tutto. Perchè un’altra grande debolezza è che 2/3 delle aziende italiane operano in un territorio in cui non è disponibile la banda larga nè la banda ultralarga. Come può affermarsi in questo contesto il megatrend dell’Internet-of-Tings che sta polarizzando l’intero pianeta.

Conseguenza sintetica coerente: nella graduatoria elaborata ogni anno dall’Unione Europea sullo sviluppo dell’economia digitale l’Italia occupa oggi il 25° posto su 28 paesi. E non solo in quest’ultima edizione.

Smart-Notizie: Come possono aziende come Softech e X-Fert Innovation aiutare le imprese a progredire in modo più spedito?

Nicola Diligu – Softech: Noi crediamo innanzitutto che l’accelerazione esponenziale dello sviluppo economico e della tecnologia e dell’apprendimento diano oggi il nuovo ritmo del mondo. L’apprendimento di fatto è il vero motore primario che trascina tutti gli altri. Mi soffermo solo un attimo per segnalare che la natura impiega miliardi di anni per evolvere. Il cervello umano – che è parte di essa – ha una storia a sè, e comunque impiega una vita intera, che peraltro (fino ad ora non è cumulabile). Cioè ogni essere umano riparte apparentemente sempre da zero. Apparentemente.
Perchè con l’apprendimento posso leggere e apprendere in un solo libro il patrimonio di qualcuno che mi ha preceduto e che ha condensato in quel libro il risultato di una vita di tentativi-errori-scoperte. Qui sta il segreto dell’apprendimento inter- individuale e lo sviluppo di un’intelligenza collettiva. E già questo è una evidente forzatura accelerativa dell’evoluzione. Ma non basta.

Secondo stime di IDC, nel 2025 avremo disponibili nella “nuvola” (il termine più bello è l’ingrese datasphere) la bellezza di 163ZettaByte (ZB, cioé trilioni di GigaByte). Nel 2012 questo numero era solo 4,000ExaByte or 4ZB.
Per dare il senso dell’enormità di questo numero facciamo ora ricorso ad un’analogia immaginifica: ebbene 4ZB corrisponderebbero ad una pila di libri di altezza pari alla distanza Terra-Plutone-Terra per 80 volte (cioè 9,72×10^11 Km). E nel 2025 questo numero sarà cresciuto 40 volte.

La possibilità di accedere, analizzare e sfruttare questi dati ci consente già oggi di far nostro una quantità inesplorata di user experience e di cogliere un nuovo mondo di opportunità di business.
Ma c’è un problema-opportunità: il medium per dare gambe a questa affascinante prospettiva non è più la sola mente umana. La sua straordinaria versatilità ha bisogno di essere affiancata dalla insostituibile intelligenza specializzata del computer. Solo la macchina può riuscire “torturare” quella immensità di dati (il nuovo petrolio) fino a farli parlare, effettuando in frazioni di secondo o minuti elaborazioni che il nostro cervello potrebbe fare solo in giorni, mesi, anni o addirittura secoli. Non solo. La macchina, opportunamente programmata, è anche in grado di elaborare programmi iper-complessi inacessibili all’uomo, necessari per svolgere funzioni come la guida automati di un’auto nel traffico di Shangai o la ricerca di una molecola vincente nella cura di un tumore.

Softech e X-Fert Innovation, insieme, vogliono innanzitutto aiutare gli imprenditori a registrare questo cambio di passo che sta sovvertendo il presente e il passato prossimo. Questo è un punto chiave. Perchè l’osservazione più critica fatta da chi studia l’affermarsi del digitale riguarda l’impreparazione delle persone a prefigurare non solo il fenomeno in sè ma soprattutto le sue conseguenze sconvolgenti. Una delle conclusioni emblematiche di una rapporto presentato all’ultimo incontro WWF 2018 a Davos è che “People have no idea about how fast things are gooing to be”.

Lo conferma una vasta ricerca del nostro MISE, che fotografa una tipologia delle imprese italiane articolata in 3 segmenti:

  • Aziende tradizionali (86,9% – non hanno raggiunto una consapevolezza del digitale)
  • Aziende tradizionali “in evoluzione” (4,7% – programmi di investimento per i prossimi 3 anni)
  • Aziende 4.0 (8,4% – utilizza almeno una delle tecnologie digitali I-4.0).

Ora la nostra missione è concentrarci sulle prime due categorie. Le due leve su cui intendiamo agire sono: la creazione di Management Team “leggeri” – costituiti dan numero minimo di persone capaci di definire e attuare con successo decisioni e cambiamenti sostanziali) – cosapevoli e coesi grazie a un processo di messa a fuoco di una Minimum Viable Vision (MVV) su cui riorientare l’azienda.

Dalla “visione” deriverà un processo diagnostico iterativo che avrà lo scopo di verificare che l’entità del gap tra stato attuale e stato futuro a tendere sia sostenibile con le risorse dell’azienda. A seguire la identificazione di fattori e forze favorevoli su cui puntare e fattori e forze ostacolanti l’evoluzione attesa.

Di questo contributo cognitivo farà evidentemente parte sostanziale la forza degli strumenti e delle soluzioni messe a disposizione. Softech, come partner di PTC, è in grado di offrire alle aziende una suite di prodotti attualmente riconosciuti da tutti gli analisti più qualificati come best-in-class assoluta a livello mondiale per supportare il processo di innovazione industriale in ottica IoT e I-4.0.

Inoltre, Softech e Xfert hanno dato vita al progetto Digital 2020 per aiutare le aziende Manifatturiere italiane a cogliere i vantaggi dell’Industry 4.0.

Per saperne di più http://www.stnet.it

*************************************

Nicola Diligu è laureato in ingegneria meccanica all’Università di Genova con una tesi sperimentale di robotica industriale. Ha frequentato corsi post-universitari di robotica (Terman Engineering Center) e di marketing strategico (Graduate School of Business), entrambi presso Stanford University.

Missione professionale:
Aiutare i clienti a progettare e sviluppare aziende e business ad intelligenza aumentata, conseguita facendo leva sulla strategia, sull’innovazione tecnologica sull’organizzazione e sullo sviluppo di talenti e competenze al di là delle cosiddette best practice dei settori di appartenenza solitamente assunti come rifermento all’interno delle aziende.

Attualmente business partner di Softech, in precedenza Manufacturing partner in Deloitte Consulting [DC], Capgemini, Arthur D. Little [ADL] –Innovation Practice Leader, a livello Europa [DC] and globale [Radical Innovation, ADL].
Gestione di Clienti Strategici come Aermacchi, Alenia, Barilla, Boeing, Brembo, Bulgari, Electrolux, Elettronica, Ferrero, Fiat Group, Fincantieri,Gruppo Finmeccanica, Philips HQ, Pirelli, Rieter, SKF, Trenitalia, 3M.